Referendum 8 e 9 Giugno 2025 - Vademecum al voto

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Le ragioni del SI e del NO

Data:

21 maggio 2025

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27 min

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Le ragioni del SI e del NO

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L’8 e 9 giugno si voteranno cinque referendum abrogativi: quattro riguardano alcune regole del mercato del lavoro, e uno la legge del 1992 che regola la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri.

I 4  quesiti sul LAVORO

Gli elettori riceveranno quattro schede di colore diverso per votare ai quattro referendum sul lavoro. Se si è d’accordo con l’eliminazione della norma oggetto del quesito, bisogna votare Sì. Se si è contrari, bisogna votare No.

Il quesito n. 1 è sulla scheda verde chiaro, e riguarda il cosiddetto “contratto a tutele crescenti” e i licenziamenti illegittimi. Per gli assunti da marzo 2015, il contratto a tutele crescenti ha eliminato la possibilità del reintegro nella maggior parte dei casi di licenziamento illegittimo, prevedendo solo un indennizzo economico compreso tra sei e 36 mensilità, calcolato in base all’anzianità di servizio. Se il referendum venisse approvato e il decreto fosse abrogato, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato si tornerebbe al sistema precedente: quello dell’articolo 18 così come modificato dalla “legge Fornero”. In alcuni casi, quindi, tornerebbe possibile il reintegro nel posto di lavoro, e non soltanto un risarcimento economico.

Il quesito n. 2 è sulla scheda arancione e riguarda i licenziamenti, e i relativi risarcimenti, nelle piccole imprese. Chiede di eliminare i limiti massimi di risarcimento oggi previsti in caso di licenziamento senza giusta causa nelle piccole imprese. Il referendum propone di lasciare al giudice la possibilità di stabilire liberamente l’ammontare del risarcimento in base alla singola situazione.

Il quesito n. 3 è sulla scheda grigia e riguarda i contratti a termine. Il referendum propone di eliminare la possibilità attualmente prevista per i datori di lavoro di stipulare contratti a termine della durata massima di dodici mesi senza dover indicare una motivazione precisa. 

Infine, il quesito n. 4 è sulla scheda rossa e riguarda la responsabilità in caso di incidenti sul lavoro. Attualmente, nei casi di appalto o subappalto, le aziende committenti non sono responsabili per gli infortuni sul lavoro o le malattie professionali che derivano da rischi specifici dell’attività svolta dalle imprese appaltatrici o subappaltatrici. In altre parole, la responsabilità per questi eventi ricade solo sull’impresa che esegue il lavoro, non su quella che lo ha commissionato. Il referendum vuole eliminare questa eccezione. Se vincesse il Sì, anche le aziende committenti potrebbero essere ritenute responsabili per danni legati ai rischi specifici dell’attività appaltata

Le ragioni del Sì e del No

Chi sostiene il Sì ai quattro referendum sul lavoro ritiene che l’attuale quadro normativo favorisca uno squilibrio nei rapporti tra datori di lavoro e lavoratori, contribuendo a rendere più diffusa la precarietà e più difficile l’accesso a un impiego stabile e sicuro. Secondo i promotori, serve rafforzare le tutele, sia contro i licenziamenti ingiustificati, sia in materia di sicurezza. Abrogare alcune delle regole introdotte negli ultimi anni – in particolare dal Jobs Act – sarebbe, secondo questa visione, un modo per restituire dignità al lavoro, favorire l’innovazione nelle imprese e garantire un maggiore equilibrio contrattuale. L’obiettivo non è solo quello di correggere norme tecniche, ma di invertire una tendenza più ampia che ha reso il lavoro meno protetto, più frammentato e meno centrale nelle politiche pubbliche.

Chi è per il No, invece, ritiene che le norme oggi in vigore abbiano già trovato un punto di equilibrio tra flessibilità e tutele, e che modificarle tramite referendum rischi di produrre effetti controproducenti. Secondo i critici, il ritorno a regole più rigide non aumenterebbe la qualità del lavoro, ma renderebbe più difficile assumere, soprattutto nelle piccole imprese, e aumenterebbe il contenzioso nei tribunali. C’è poi chi sottolinea che la materia del lavoro è complessa e richiede interventi organici, non abrogazioni parziali. In questo senso, si teme che i quesiti referendari non siano lo strumento migliore per affrontare temi così tecnici e delicati, e che un’eventuale vittoria del Sì finirebbe per lasciare irrisolti molti problemi strutturali del mercato del lavoro italiano.

 Il quesito n.5 sulla Cittadinanza

Attualmente un adulto straniero, cittadino di un Paese che non fa parte dell’Unione europea, deve risiedere legalmente dieci anni in Italia per poter chiedere la cittadinanza italiana. L’obiettivo del referendum abrogativo è ridurre da dieci a cinque anni questo periodo di residenza.

Gli elettori riceveranno una scheda di colore giallo per votare sul referendum sulla cittadinanza. Se si è d’accordo con il dimezzamento del requisito di residenza per concedere la cittadinanza italiana agli adulti extracomunitari, bisogna votare Sì. Se non si è d’accordo, bisogna votare No. Con il Sì, infatti, si cancellano due punti dell’articolo 9 della legge n. 91 del 1992, portando così al requisito dei cinque anni di residenza per chiedere la cittadinanza.

È legittimo anche scegliere di non partecipare al voto, o di ricevere la scheda e non barrare né il Sì né il No. Ricordiamo, però, che i risultati del referendum abrogativi sono validi solo se partecipa almeno la metà degli aventi diritto di voto, cioè se raggiunge il “quorum”.

Le ragioni del Sì e del No

Chi sostiene il Sì ritiene che l’attuale legge sia sproporzionata e discriminatoria, perché richiede agli adulti extracomunitari il doppio degli anni di residenza rispetto alle regole in vigore prima del 1992. Il requisito dei dieci anni, secondo i promotori, non riflette la realtà di molti stranieri che vivono stabilmente in Italia e rischia di escludere anche i loro figli minori. Abbreviare i tempi a cinque anni, senza toccare gli altri criteri, come reddito e conoscenza della lingua, semplificherebbe un percorso oggi ostacolato da lungaggini burocratiche e avvicinerebbe l’Italia agli standard di altri Paesi europei.

Chi è per il No sostiene invece che la legge attuale sia già adeguata e bilanciata, e che l’Italia rilasci un numero elevato di cittadinanze rispetto ad altri Paesi. Alcuni critici ritengono che il tema vada discusso in Parlamento, non deciso con un referendum. Altri sottolineano che la cittadinanza è un punto di arrivo, non di partenza, e che ridurre il requisito di residenza potrebbe indebolire il valore dell’integrazione culturale e sociale. Infine, c’è chi esprime dubbi sull’efficacia del referendum nel risolvere i problemi concreti legati alla legge in vigore.

Il Voto
Ogni elettore può decidere di ritirare solo alcune delle cinque schede e rifiutare formalmente le altre al momento della consegna, dichiarandolo al presidente di seggio. Così facendo, quelle schede non saranno conteggiate ai fini del quorum. Le schede lasciate bianche o annullate, al contrario, anche se prive di un voto valido concorrono comunque al raggiungimento del quorum.

 

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Ultimo aggiornamento: 21 maggio 2025, 12:43

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